Il sogno di Anna è avere dei figli. Invece sembra che ciò non sia possibile. Accettare questa realtà è per lei molto difficile e cerca dei modi per mitigare, anche se parzialmente, il suo profondo dolore. Sa che tutte le mattine il parco vicino a casa si riempie di mamme con i loro figli. Esce da casa, pensando che almeno potrà giocare con i bambini. Passa quindi tutta la mattina con i piccoli: gli racconta delle storie, li fa ridere e quest’ultimi gli confidano i loro piccoli problemi… In questo modo la mattina riesce ad essere felice, molto felice. Torna a casa pensando alla bella giornata che ha appena trascorso. Quando però mette la chiave nella serratura della porta di casa, ricorda il suo dolore: non li potrà mai avere. Entra quindi in una grande depressione. Non è la prima volta che le capita!
Beatrice ha lo stesso problema di Anna e ha lo stesso desiderio di avere dei figli, tanti figli. Esce ugualmente da casa con il proposito di giocare con i bambini nel parco. Fin qui, si potrebbe dire che è esattamente la stessa situazione. Invece, il suo pensiero quando mette piede in strada è diverso: “magari oggi potrò essere più di aiuto di ieri”. Infatti, Beatrice da alcuni mesi, cerca di aiutare le mamme dando un po’ di respiro, liberandole anche se di poco, del loro lavoro quotidiano. Beatrice è molto brava, ma forse non tanto come Anna. Quando torna a casa, stanca, è molto felice, è riuscita ancora una volta ad essere utile…
Ora delle due storie, quale possiamo dire che è la migliore, quella perfetta? Possiamo dire che sono uguali? Cosa c’è di differente in queste due situazioni? Il problema personale è lo stesso (tutte e due non possono avere figli), l’azione è la stessa (vanno al parco a giocare con i figli delle altre mamme), il risultato esterno identico (le mamme sono soddisfatte dall’aiuto ricevuto). L’unica differenza la troviamo nell’interiorità personale. Nel primo caso, Anna cerca fondamentalmente di soddisfare il suo bisogno stando almeno con i figli degli altri. Indirettamente, vuole bene ai bambini e cerca di essere loro di aiuto. Il bene che cercava Anna (essere felice) si esaurisce con l’azione stessa. Riesce a essere felice per un paio di ore. Cerca quindi una soddisfazione personale. Beatrice invece cerca fondamentalmente di alleviare il lavoro delle mamme del parco. Il suo bene quindi, rimane a lungo: cerca il bene altrui.
L’esempio precedente ci può aiutare a capire due cose: si è felici quando si cerca il bene; sia Anna, sia Beatrice cercano un bene (incontrare i bambini nel parco) e di conseguenza trovano la felicità (giocare con i bambini, vedendo i loro sorrisi). Quindi, prima cercano, e una volta raggiunto l’obiettivo sono felici (possiedono il bene). Anzi, si potrebbe anche aggiungere che già sono felici mentre lo cercano (quando decidono di recarsi al parco), perché hanno la speranza di possederlo. Quando scompare la felicità? Quando si perde il bene che si cercava. Anna cercava di giocare con i bambini. Una volta tornata a casa, capisce che non ci sono e che lei non potrà mai averli. Perde quindi la speranza. Anche Beatrice raggiunge il suo bene, come Anna, ma a differenza di essa, non perde il suo bene (aiutare le altre mamme). Il suo bene trascende la sua persona, il suo bene particolare (avere la possibilità di giocare con i figli delle mamme del parco) è al servizio di quello più generale (aiutare gli altri).
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