Alcuni autori[1], parlano del leader-servitore che “giudica il suo successo non solo in base al conseguimento del risultato, ma anche in base agli effetti di quel risultato su coloro che concorrono materialmente a realizzarlo”. Cioè, l’azione produce due tipologie di risultati: oggettivo e soggettivo. Il risultato oggettivo può essere il beneficio quantificabile di un’eccellente campagna pubblicitaria, dove grazie alle misure adottate siamo riusciti a incrementare del 25% le vendite. Oltre a questo effetto diretto, oggettivo, quantificabile, ne esiste l’altro soggettivo: le persone che hanno portato avanti il progetto, sono cambiate: hanno acquisito un’esperienza nuova; sono diventati più bravi perché hanno dovuto affrontare una situazione nuova, con piccoli successi e insuccessi, prima di ottenere il risultato finale. La prossima volta che dovranno studiare come fare per aumentare la quota di mercato di un determinato prodotto non dovranno partire da zero, come forse è capitato in questa occasione. Adesso, possono contare sulla esperienza acquisita. I risultati raggiunti quindi non sono quantificabili solamente nell’incremento del 25%.
Compito del leader, è migliorare le persone che hanno reso possibile l’aumento delle vendite, incrementare la loro capacità di rendersi utili in futuro. D’accordo che il leader ha avuto l’intuizione di agire in un determinato modo, che ha capito quello che si sarebbe dovuto fare quando nessuno, forse, ci credeva prima. D’accordo che è riuscito a trascinare i suoi collaboratori verso una determinata vision. Ma è ugualmente vero che per riuscirci ha bisogno di credere nei suoi collaboratori, dargli fiducia, incoraggiarli nella fase dove gli insuccessi sono più evidenti dei successi desiderati. Il vero leader deve preoccuparsi degli altri, essere altruista, credere nelle persone, servire gli altri, donarsi agli altri. In definitiva, essere un leader-servitore.
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